A tavola con … il grano arso

Le Spigolatrici, Jean-François Millet, 1857, Parigi Musée d’Orsay
Posto che vai, tipicità che trovi. Tradizioni, leggende, superstizioni e naturalmente cucina, soprattutto per noi italiani che consideriamo il cibo una forma d’arte e un vanto per il quale non siamo secondi a nessuno. La Puglia naturalmente non fa eccezione e proprio in questa regione si trova un prodotto povero e antico che è entrato recentemente anche nelle cucine stellate, perché l’innovazione ha un senso se non rinnega le radici territoriali ma, al contrario, le riscopre e le esalta attraverso l’evoluzione delle ricette.
Da quest’angolo di Sud viene qualcosa, a giusta ragione rivalutata, che nel passato apparteneva alla tradizione contadina del recupero per ragioni economiche e che oggi esprime tutte le sue potenzialità e il suo gusto particolare: il grano arso.
Torniamo a quando, dopo la raccolta delle spighe, i campi venivano incendiati per eliminare le stoppie fertilizzando così il terreno. I latifondisti permettevano ai contadini di raccogliere quei chicchi di grano bruciati rimasti a terra che rappresentavano per loro una grande risorsa, dal momento che il prezzo della farina bianca era troppo elevato per comperarne la necessaria quantità. Macinati nei mulini a pietra o nei mortai, si trasformavano in una polvere bruna che veniva amalgamata a un quantitativo irrisorio di farina pregiata. Il risultato era una specie di composto dal retrogusto amarognolo e affumicato che oggi possiamo solo immaginare. Infatti attualmente la procedura, molto più salutare, non prevede la pratica della bruciatura ma la tostatura. Si ottiene così una farina integrale, quasi priva di glutine dal sapore intenso, affumicato, con sfumature di mandorla, nocciola e caffè.
Questo prodotto è un po’ di nicchia e si può trovare nei negozi specializzati in alimenti biologici. Ci si preparano pane, focacce e pasta (meglio se di formato corto come orecchiette, cavatelli e cicatelli) dal sapore insolito ma sicuramente accattivante. Attenzione però, lavorarla non è semplice, e in purezza è assolutamente impossibile. Deve essere necessariamente miscelata alla farina bianca e le uova fanno il resto per riuscire a creare un impasto. Negli stessi negozi però si trova la pasta già pronta e con quella si è già ben oltre la famosa “metà dell’opera”.
Per la gente di Puglia l’abbinamento migliore è con cozze, cime di rapa, burrata e cacioricotta, però Carlo Cracco, chef dalle origini inequivocabilmente nordiche, la propone nella sua versione con una salsa di rafano, panna e salsiccia. Inusuale certo, ma visto il pulpito dal quale viene la predica… ci si può fidare.

Tagliolini di grano arso con la ricetta di Carlo Cracco
Bisogna mettere della panna in un pentolino e farla arrivare a ebollizione fino a quando non si sarà ridotta di circa la metà e assumerà una consistenza cremosa ma ancora fluida. Poi occorre mettere del rafano pelato e grattugiato nella panna, lasciandolo finché non si sarà aromatizzata. Nel frattempo, in una padella rosolare velocemente la salsiccia in precedenza tagliata a bocconcini, avendo cura di mantenerla rosa all’interno, così che perda il grasso ma trattenga i succhi. Cuocere la pasta nei tempi indicati, scolarla e buttarla nella padella con la salsiccia; aggiungere la panna al rafano precedentemente filtrata e impiattare dopo aver regolato di sale e pepe.
È assolutamente da provare.
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